(immancabile un Puzo per l’estate) Questa volta la mafia è solo sullo sfondo, mentre emerge prepotente la Little Italy anteguerra. Storia di una madre: gioie, dolori, sfortune, lacrime.
La città e le stelle – sir Arthur Charles Clarke
(iniziato a scuola, finito al mare) Bella l’idea dell’ambientazione in un futuro remotissimo, ma la trama mi ha convinto meno. Una sorta di space-opera e da Clarke mi aspettavo di più.
Anni senza fine – Clifford Donald Simak
(in parte in aereo, in parte nello zaino) Nove racconti, per lo più dalla vecchia Astounding, riuniti in un romanzo che comunque rimane ellittico. Su tutti spicca il secondo, amarissimo, nel quale emerge Jenkins, una sorta di precedente per l’asimoviano R. Daneel Olivaw.
Guerra eterna – Joe William Haldeman
(nei ritagli di tempo) Un romanzo di fantascienza che parla dell’orrore del Vietnam, ma anche un utilizzo geniale e, volendo, didattico della relatività einsteiniana, con un finale meraviglioso.
Sei pezzi meno facili – Richard Phillips Feynman
(su una bancarella, in trasferta) Ironico, complesso, geniale. Nonostante si tratti di concetti noti, richiederebbe, soprattutto il capitolo finale, una maggior concentrazione di quella che gli ho potuto concedere.
Lost in translation – Ella Frances Sanders
(anche questo te l’ho regalato a Natale, dopo averlo scoperto grazie ad un editoriale di Topolino) Una raccolta di parole intraducibili tratte da diverse lingue del mondo: difficilmente sarei riuscito a resistere al fascino di pagine così, seppur molto leggere.
Terza liceo 1939 – Marcella Olschki
(l’ho regalato a Natale dopo averne letto una veloce recensione) Spaccato sul periodo storico che ritengo più affascinante – ma non mi si fraintenda. Breve, forse troppo breve: confesso un filo di delusione.
M. Gli ultimi giorni dell’Europa – Antonio Scurati
(iniziato, rimasto nel comodino durante il solito autunno impegnativo, ripreso e subito finito) Dalla Firenze del maggio millenovecentotrentotto al dramma del non potersi più sottrarre, neanche quando “LVI” si era forse reso conto del tragico errore.
Pastorale americana – Philip Milton Roth
(al mare. In ritardo di almeno quindici anni rispetto al suggerimento di D’O.) Una sorta di lunghissimo flusso di coscienza che ti travolge – a volte non capisci quale sia la realtà della trama e quale la finzione del pensiero – e ti stordisce con i meandri della mente dello Svedese, personaggio tanto indimenticabile quanto ne è odiosa la figlia.
Il passaggio – Leonardo Gori
(per ritrovare Arcieri) Le pagine risentono dell’atmosfera lugubre del ’44, così diversa da quella del romanzo precedente. I capitoli sono più lunghi, la vicenda addirittura cerebrale; manca la freschezza dell’esordio, e subito, ma forse solo per me, la mente era corsa ad Anghiari.